EMOGLOBINURIA PAROSSISTICA NOTTURNA

CODICE:

RD0020

sinonimo:

EPN - Malattia di Marchiafava-Micheli

età di esordio:

Qualsiasi età

incidenza:

1-9 / 100 000

medico certificatore:

MALGIERI G.le - NUZZI F.sca - PECORARO C. - MENNA G. - MARRA N.

s.c.:

Nefrologia Pediatrica e Dialisi - Oncoematologia Pediatrica

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riassunto:

L’emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è una malattia clonale acquisita delle cellule ematopoietiche, caratterizzata da anemia emolitica corpuscolare, insufficienza del midollo osseo e frequenti episodi trombotici. La malattia può insorgere a tutte le età, ma colpisce preferenzialmente i giovani adulti. La prevalenza è stimata in circa 1/500.000. I sintomi clinici sono variabili e comprendono l’anemia emolitica, la trombosi dei grossi vasi (che coinvolge le vene epatiche, addominali, cerebrali e della cute) e il deficit moderato-grave dell’emopoiesi, che può esitare in pancitopenia. I segni caratteristici sono il pallore, l’affaticamento e l’affanno durante le attività. L’emoglobinuria porta alla produzione, durante la notte e al primo mattino, di urine scure; i pazienti possono presentare insufficienza renale. Può essere presente ittero. In rapporto alle loro localizzazioni, le trombosi (che colpiscono il 40% dei pazienti) possono causare dolore addominale, ischemia intestinale, epatomegalia, ascite o cefalea. I pazienti possono presentare emorragia gengivale o epistassi. L’EPN è una malattia cronica con crisi emolitiche, che possono essere scatenate da fattori diversi, come le vaccinazioni, gli interventi chirurgici, alcuni antibiotici e le infezioni. L’insufficienza del midollo osseo può evidenziarsi all’inizio o essere una complicazione tardiva della malattia (20% dei casi). L’EPN è causata da mutazioni somatiche nel gene PIGA (Xp22.1), che codifica per una proteina che è coinvolta nella biosintesi del glicosilfosfatidilinositolo (GFI). La mutazione origina in una o in più cellule ematopoietiche e esita nella carenza (parziale o totale) delle proteine GPI ancorate alle membrane cellulari (le più importanti sono CD55 e CD59). La diagnosi si basa sulla dimostrazione, mediante citometria a flusso, di un difetto degli antigeni legati alle GFI nei globuli rossi e nei granulociti. L’analisi molecolare non è attendibile dato che le mutazioni causali sono disomogenee e non ricorrenti. La diagnosi differenziale si pone con tutte le altre forme di anemia (in particolare l’anemia emolitica autoimmune; si veda questo termine), la trombosi dell’arteria mesenterica, l’ostruzione della vena porta e la trombosi della vena renale. Il trattamento è essenzialmente sintomatico: trasfusioni, somministrazione di eritropoietina, glucocorticoidi e anticoagulanti. Nel giugno del 2007, l’eculizumab (un anticorpo monoclonale) ha ottenuto dalla UE la designazione di farmaco orfano per il trattamento della EPN; il farmaco riduce l’emolisi, la necessità di trasfusioni, l’affaticamento, l’insorgenza di trombi e il rischio di insufficienza renale. Tuttavia, solo il trapianto di midollo osseo è in grado di abolire il difetto ematopoietico. La prognosi dipende dalla frequenza e dalla gravità delle crisi emolitiche, dalle trombosi e dall’insufficienza midollare. La sopravvivenza media è di circa 10,3 anni. La morte può insorgere a causa delle trombosi, delle emorragie o delle infezioni secondarie all’insufficienza del midollo osseo.

scheda orphanet: